Fame emotiva: come gestirla se nasconde tristezza

Avevano scoperto che si poteva crescere
affamati di luce come di cibo.
Stephen King
In un post precedente avevo anticipato un'infografica sulla "fame emotiva": un'immagine esplicativa delle situazioni e degli stati interni che talvolta ci muovono verso l'assunzione di cibo anche quando non ne abbiamo un bisogno fisiologico.
In questo articolo affrontiamo le strategie utili per gestire in modo più efficace la tendenza a mangiare in eccesso per compensare la tristezza, un'emozione avvertita spesso come scomoda.
2 passi per contenere l'impulso a mangiare troppo quando ci si sente tristi
Prima di addentrarci nell'argomento, mi preme definire due premesse fondamentali: sono le condizioni di base che è necessario garantire a noi stessi e che stanno a monte rispetto alle tecniche di auto-aiuto specifiche per regolare gli attacchi di fame nervosa.1. L'ascolto di sé
Il primo gesto facilitatore che aiuta a superare la fame emotiva coincide con lo sforzo di trovare uno spazio di ascolto tra sé e sé nel quale accogliere il proprio stato interno. A volte non ci consentiamo di essere tristi perché abbiamo interiorizzato il dovere di mostrarci sempre sereni, forti, capaci. Capita anche di censurare le manifestazioni della sofferenza interiore per paura che il solo ammettere la presenza di un dolore emotivo valga a fargli mettere radici poi difficili da estirpare.Legittimare la tristezza è la mossa preliminare necessaria per riuscire a contenerla.
Permettetevi di provare malinconia e di abbandondare la maschera prestazionale e performativa che tante volte indossiamo per corrispondere ad aspettative nostre o di figure significative per noi, che abbiamo introiettato e che assorbiamo senza il necessario distacco critico.
2. La giusta percezione del piacere
Il secondo presupposto è sapere che quando mangiamo sotto l’influsso della tristezza vogliamo un piacere facile, accessibile, “a portata di mano”: qualcosa che non gustiamo fino in fondo, ma che accettiamo come una specie di anestetico dei pensieri negativi. In questi casi, il cibo non serve a nutrire ma a consolare. Saperlo è già un modo per mettere una distanza tra voi e il frigorifero.La strategia delle 3 A per contrastare la fame emotiva
Ora che abbiamo poggiato i due mattoni di base per la consapevolezza, passiamo alla pratica. Per favorire la regolazione degli attacchi di fame provocati dalla tristezza possiamo ricorrere a quella che giocosamente chiamo la "Strategia delle tre A".A come Attività fisica
Muoversi promuove la liberazione di endorfine, molecole prodotte dal corpo con effetti euforizzanti. Questi neurotrasmettitori mediano la percezione del buonumore e sono preziosi anche nel modulare la fame fittizia.Il movimento all'aperto è il più benefico, soprattutto se svolto nelle prime ore della giornata. Il chiarore del mattino stimola infatti l'organismo a sintonizzare l'orologio interno sul ciclo luce-buio (il ritmo circadiano), armonizzando le funzioni endogene e riequilibrando la produzione ormonale, con effetti positivi sul comportamento alimentare. Camminare a passo svelto, andare in bicicletta, correre per i più resistenti sono tutte attività ingaggiabili anche in città, senza costi economici e che l'agenda della maggior parte di noi può contemplare con qualche adattamento.
Anche negli spazi interni è possibile ricavare opportunità per fare esercizio fisico, peraltro senza necessariamente andare in palestra. Gli appassionati della tecnologia trovano in rete un'ampia scelta di app e tutorial per allenarsi a casa, mentre a chi predilige l'informalità basta seguire il ritmo delle proprie canzoni preferite e improvvisare un ballo in salotto o nel corridoio. Il criterio che invito a privilegiare è quello del gusto personale: che sia fare jogging, zumba o danza, scegliere un'attività motoria che piace mantiene alta la motivazione e amplifica i risultati nel processo di gestione della fame emotiva.
A come Attenzione ai segnali fisiologici
Se ascoltiamo le nostre sensazioni, realizziamo facilmente che il corpo non comunica fame, quando la tristezza è il principale motore dei comportamenti che spingono a incamerare cibo: mancano ad esempio brontolii e senso di vuoto alla bocca dello stomaco.E’ quindi importante stabilire un contatto con la dimensione fisiologica pura. Fermarsi a “sentire” dilaziona l'impulso. Il radicamento nel corpo e nelle sue sensazione impone una pausa che aiuta a interrompere l’automatismo di procurarsi del cibo senza avere piena coscienza di cosa si cerca e del perché lo si cerca.
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La strategia delle 3 A contro la fame emotiva: cosa fare se mangi troppo e male perché sei triste |
A come Apertura a chiedere conforto
Nella maggioranza dei casi, quello a cui si aspira quando la tristezza spinge a mangiare in eccesso è cibo per l’anima. L'esigenza profonda nascosta sotto il bisogno manifesto di saccheggiare la dispensa è attingere affetto, medicare una ferita intima, riparare un vissuto di perdita o semplicemente alimentare il benessere interiore. E' fondamentale quindi da un lato orientarsi verso chi amiamo e sa offrire segnali positivi di riconoscimento - le "carezze" di cui parla Eric Berne - dall'altro rivolgere a se stessi uno sguardo benevolente e fare qualcosa di nutriente per il proprio Sé.Ognuno conosce la sua geografia intima: c'è chi ricava da un abbraccio il migliore balsamo per la tristezza, chi medica il dispiacere lasciandosi avvolgere dalla voce di un amico al telefono, chi si sente al sicuro se si abbandona ancora una volta all'intreccio delle mani che ha segnato sul piano simbolico l'inizio della propria storia d'amore, chi ripara la sua crepa interiore guardando una fotografia o indossando un indumento che conserva il profumo di una persona lontana, chi si pacifica con una lettura, un film divertente, una preghiera, un momento di meditazione. Il segreto è dare cibo buono alla propria interiorità, placare la sua fame di riconoscimento e di conforto.
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